3mendamente Amore di Roberto Baldini
Titolo: 3mendamente Amore
Autore: Roberto Baldini
Editore: Myself
Genere: Storia d’amore
Data di pubblicazione: 20/04/2016
Prezzo: 0,99
Pagine: 18
ISBN: 1230001040364
Link per l'acquisto: https://store.kobobooks.com/it-it/ebook/3mendamente-amore
Trama:
Trovare l’Amore? Certo, è possibile.
Ho detto possibile, non semplice…
Un amore che sembra perfetto, ma la distanza ci mette lo zampino e spegne
il fuoco della passione.
Un incontro fortuito, un fiume in piena che travolge i cuori e una promessa
che non potrà essere infranta…
Una nuova stella nel mondo dell’editoria, una ragazza senza peli sulla
lingua che non si accontenta di scrivere libri, li vuole vivere…
Tre storie, tre addii. Ma, si sa, non tutti gli addii sono per sempre.
E il protagonista di questa storia dovrà decidere quale addio trasformare
in “e vissero felici e contenti…”
Biografia
Roberto Baldini nasce in un paesino del basso mantovano nel 197… beh, nel
secolo scorso…
Sin da bambino la Madre lo spinge verso il magnifico mondo della Lettura,
ma lui è refrattario. Finché, un bel giorno, qualcosa muta…
Ora legge talmente tanto da esser diventato l’ossessione di autori famosi e
non, che gli chiedono ogni giorno interviste e/o recensioni.
Ha al suo attivo un paio di romanzi e svariati racconti in diverse
antologie.
Se non legge, si occupa di editing, ricerca nuovi talenti e organizza
eventi letterari.
Recensisce sul suo blog (quasi 1700 articoli) e sul sito Sololibri.net,
nonché su Amazon, dove è Top Reviewer.
E, anche mentre scrive questa biografia in terza persona (chissà poi
poerchè…), sta leggendo…
Bibliografia
2006 – Chapter Love – Enrico Folci Editore
2013 – A Proposito Di Noi – David & Matthaus
2015 – Unforgettable Rain – Delos Digital (con lo pseudonimo Hunter H.
Gilmour)
Estratto
Vi è mai capitato? Di
svegliarvi e sentire la vostra canzone preferita, intendo.
In questo momento,
nella mia mente, sto sentendo le note di “The
Power Of Goodbye” di Madonna.
In realtà l’unico suono
presente in quest’asettica stanza d’ospedale è il bip-bip di quell’aggeggio con
la linea verde che va sue e giù.
Ah, a proposito: mi
chiamo David Moore, sono altro un metro e ottantacinque, capelli corti e
castani e occhi verdi. Volete sapere i miei dischi e film preferiti? Magari
dopo, ora voglio raccontarvi la mia storia…
Cosa mi è successo?
Presto detto: io e la mia fidata BMW coupé ci stavamo dirigendo verso…
Scusate un attimo, sta
arrivando l’infermiera con un modulo da firmare.
Ecco, dicevamo della
BMW.
Anzi, prima di tutto
facciamo un salto indietro di qualche tempo, così capirete meglio la mia
storia…
LA TELA DEL MALIGNO di Gianpiero Pisso
Titolo: LA TELA DEL MALIGNO
Autore: Gianpiero Pisso
Editore: Eretica Edizioni
Genere: Mistery/Storico
Data di pubblicazione: 5 Aprile 2016
Prezzo: 15 Euro
Pagine: 254
ISBN: n.d.
Contatti:
Trama:
Il Trionfo dell’Ordine
dei Benedettini-Basilica di San Pietro-Perugia
Un interesse mediatico senza precedenti si è
scatenato, nel 2012, per una scoperta che ha lasciato il mondo dell’arte, la
Chiesa cattolica, università, studiosi di costumi, storici e gente comune senza
parole.
Dopo più di quattrocento anni una studiosa si è
accorta casualmente che nella basilica di San Pietro a Perugia, esiste un
quadro colossale, uno dei più grandi d’Europa, che cela un inquietante mistero.
La tela, un dipinto a olio, opera di un artista di
scuola veneziana, Antonio Vassilacchi, vissuto attorno al 1600 e contemporaneo
di Tiziano, del Tintoretto e di Paolo Veronese, osservata da breve distanza
mostra santi, papi, alti prelati attorno a san Benedetto da Norcia, ma scrutata
dall’altare maggiore, dove è possibile una veduta d’assieme, mette in luce un
volto demoniaco.
Come è possibile che nessuno se ne sia accorto
prima? Per quale ragione si è introdotta l’effigie del Maligno in un luogo
consacrato? Che significato e quale fine può avere avuto un atto del genere?
Il
romanzo è retroattivo. L'incipit è la fine del racconto. Antonio Vassilacchi,
insigne pittore di scuola veneziana, greco di origine, nato sull'isola di
Milos ma vissuto sulla laguna ai tempi dei grandi Tiziano, Tintoretto
e Veronese e allievo di quest'ultimo prima di diventare uno dei pittori
preferiti dai dogi per affrescare le sale di Palazzo Ducale, si sobbarca in
diligenza un lungo viaggio da Venezia a Perugia, unicamente per osservare come
si comportano i fedeli durante la santa messa domenicale nella chiesa di
San Pietro, adiacente al convento benedettino della città. Lì, alcuni anni
prima, aveva dato una valida dimostrazione della sua arte, dipingendo ben
undici tele della vita del Cristo, commissionate dal priore benedettino del
convento.
Lo scopo della sua visita a Perugia è di costatare personalmente come i
perugini avessero accolto il suo undicesimo dipinto, il più grande, quello che
raffigura San Benedetto da Norcia, attorniato da santi, papi, porporati, che
aveva denominato "Trionfo dell'Ordine dei Benedettini" e che faceva
bella mostra sulla parete di ingresso alla chiesa. In quella tela aveva portato
a termine la sua vendetta, mimetizzando il volto di un demone che si poteva
però scorgere solo facendo molta attenzione alla visione d'assieme e non
avvicinandosi troppo al dipinto. Altrimenti si sarebbero scorti solo i
particolari, una schiera di prelati.
Perugia
non aveva reagito come si sarebbe atteso. il suo piano di scandalizzare la
città era fallito. Nessuno si era accorto delle sue intenzioni.
Durante
il viaggio di ritorno in diligenza alla laguna ripercorre le tappe più
significative e anche più dolorose della sua vita che lo avevano portato,
giovanissimo, a Venezia: il suo apprendistato alla bottega del Veronese, il suo
amore platonico per Marietta, l'infuriare della peste, la sua amicizia con un
frate scomunicato nolano, Giordano Bruno, gli amori carnali con Marzia,
disinibita perugina, l'incontro con padre Arnold, tutti i suoi tormenti
per l'apparizione di una figura misteriosa che lo aveva in varie
occasioni spaventato. Il demonio sembra accanirsi in modo particolarmente
violento contro di lui. A Perugia, con il suo allievo prediletto, Tommaso,
termina i lavori della commessa e consegna al priore benedettino le sue
tele, compresa l'undicesima, quella con la quale condanna il Maligno a
respirare ogni giorno il fumo delle candele, prigioniero in un luogo
consacrato. Ci può essere punizione più grande per un angelo decaduto,
causa di tanti mali? Poco importa se sinora i perugini non si siano ancora
accorti di nulla.
Biografia
Nato
in provincia di Varese, sul Lago Maggiore, dove attualmente risiede con la sua
famiglia, l’autore è laureato in ingegneria aeronautica e ha, per molti anni,
lavorato come dirigente industriale in grosse società italiane e multinazionali
straniere.
Ama
viaggiare e dedicarsi alle sue tre principali passioni: scrivere, leggere e
dipingere ad acquarello.
La
sua narrativa, sempre attuale e talvolta ironica, rifugge dagli eccessi e vuole
proporsi come una lettura spensierata, disinvolta e scacciapensieri.
Vincitore del premio nazionale “Le Porte del Tempo” 2012,
categoria Saggistica, con l’opera: La
profezia del Cristo Pagano, edita da Eremon Edizioni. Ha pubblicato anche
con Kindle l’e-book Rudiobus, il cavallo
d’oro.
Estratto/Incipit
L’aria era pregna di vapor
acqueo, di fumo delle candele e dell’alito puzzolente di centinaia di fedeli,
di ogni estrazione sociale, che affollavano, quella domenica, le tre navate
della chiesa di San Pietro, edificata attorno all’anno mille sopra la
precedente cattedrale, sede vescovile della città di Perugia, che esisteva sin
dal sesto secolo. Ora l’edificio religioso aveva annesso un monastero
benedettino, che ospitava un’attiva comunità di monaci, dediti ai lavori dei
campi e alla preghiera, secondo il motto dell’ordine: Ora et Labora.
La mattinata era abbastanza fresca e dalla campagna si alzava dalla
terra una densa bruma, che avvolgeva i casolari e le fattorie in un abbraccio
intimo e ovattato, quasi volesse proteggere la riservatezza di quei luoghi e
dei suoi abitanti, abituati ad alzarsi all’alba a trascinare l’aratro, a
liberare le zolle dalle erbacce e a mantenere il terreno costantemente umido,
condizione necessaria per un buon raccolto.
La domenica mattina, però, così come in ogni altro giorno di festa, i
contadini lasciavano i loro campi incustoditi, indossavano il loro abito
migliore, abbandonavano i loro attrezzi di lavoro nei magazzini o nei loro
capanni e con tutta la famiglia si recavano alla chiesa più vicina, perché
santificare le feste comandate era una delle premesse per mantenersi in buoni
rapporti con l’Altissimo.
Là, sul sagrato dei luoghi di culto ed entro gli edifici religiosi, si
mescolavano con coloro che abitavano entro le mura della città, gli artigiani,
i bottegai, i commercianti, i faccendieri, che disponevano in genere di entrate
superiori e di un tenore di vita più elevato, come si poteva percepire dalla
foggia dei loro abiti e soprattutto dall’eleganza delle loro mogli e madri,
dalle acconciature ricercate, che tenevano per la mano giovinetti dai capelli
impomatati e dalle movenze contenute e sempre improntate a un certo controllato
ritegno che, talvolta, era però scambiato per arrogante freddezza.
Un sommesso brusio, trattenuto a stento, saliva sino al soffitto a
cassettoni, intagliati e dorati, della navata principale della chiesa, ma non
disturbava più di tanto la funzione di padre Vincenzo, uno tra i benedettini
più anziani del monastero, intabarrato nel suo pesante saio e con guanti di
lana dalle dite mozzate, per ripararsi dal freddo.
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